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NEPAL: ricordando un viaggio iniziatico

Incontrando gli Sciamani.


elisabetta sartori katmandu
Katmandu, Swayanbunath

Tempo di vacanze, tempo di ricordi di un viaggio itinerante in un luogo indimenticabile, dove ci si sente fuori dallo spazio e fuori dal tempo, in un'atmosfera sospesa, ma contemporaneamente a contatto con una realta' fatta di tanta poverta', una poverta' dignitosa, intrisa di quotidiana spiritualita' e di gente sorridente e colorata.


(Continua dopo le foto)

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Bhaktapur, processione al Tempio
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Festa al Tempio

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Il mio viaggio in Nepal risale oramai a 12 anni fa. Un viaggio diverso perche' a contatto con le tradizioni ancestrali di questo popolo composto da varie etnie, accompagnati da un antropologo, nonche' sciamano nepalese da 27 generazioni, Bhola Banstola, e dalla moglie Mimi', italiana, studiosa delle culture orientali: due persone con un bagaglio culturale incredibile, conoscitori dei luoghi piu' volte frequentati negli anni accompagnando gruppi come il nostro.

Non e' stato soltanto un viaggio culturale, ma esperienziale, almeno dal punto di vista della frequentazione con gli sciamani locali, e per il ritiro con seminario tenuto da Bhola - ma di questo parlero' piu' avanti.


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maschere lignee dell'artigianato tradizionale

I primi 5 giorni a Bhaktapur furono all'insegna della lentezza e dell'ambientamento: la sensazione fu di trovarmi in un luogo dove il tempo si era fermato, dove i ritmi erano scanditi dall'osservazione, dall'ascolto, di cio' che era intorno a me e dentro di me. La vicinanza delle nostre guide fu un aiuto notevole per immergerci in un altro mondo, perche' un Paese come il Nepal, per noi occidentali, e' davvero un altro mondo!



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E poi la cornice in cui ci trovavamo: Bhaktapur (sito UNESCO) e' una citta' murata, di epoca medioevale - dove si entra con un documento speciale - le cui porte alla sera si chiudono, dove regna o un silenzio innaturale, o un frastuono di motorini, o un tintinnio di campanelli. Li' ogni notte, si ripeteva qualcosa di curioso: non ricordo se fosse alle 3 o alle 4, per le strade della cittadina passava un vecchio, che, ripetendo una serie di litanie, suonava i campanelli che portava con se', seguito da un gruppo di persone con altrettante campane e altri strumenti, per liberare la citta' dai demoni e dagli spiriti malvagi: era impossibile non svegliarsi! Ancora adesso, quando racconto questo episodio mi emoziono, perche' mi fa pensare a quanto loro siano ancora legati alle loro tradizioni spirituali e connessi alle forze della Natura, cosa che noi abbiamo completamente perso.


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Bhaktapur, la Grande Pagoda
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Bhaktapur, Durbar Square

Le stradine erano piene di botteghe, spesso a cielo aperto, di artigiani di ogni tipo, falegnami, tintori, forni di terracotta, venditori di erbe, spezie e te', stoffe colorate con quei 'sari' meravigliosi, souvenir di loro produzione, frutta e verdura in vendita in ogni angolo: come non richiamare alla mente quei piccoli manghi con un sapore mai assaggiato qui da noi o quelle bananine dolcissime vendute a caschi!


Il mese di agosto, si sa, in quelle zone e' periodo di monsoni, percio' non e' purtroppo molto visibile la catena dell'Himalaya, a causa del cielo annebbiato e dall'umidita'. Da un minuto all'altro si puo' venire travolti da acquazzoni caldi che trasformano le stradine di terra battuta in fiumi d'acqua che arrivano oltre la caviglia. Ricordo di un giorno in cui camminammo per ore in mezzo ai campi coltivati a riso e verdure, passando sotto gli enormi alberi di "ficus religiosa" centenari trasformati in tempietti, quando improvvisamente fummo travolti da un temporale che ci costrinse a ripararci in una sorta di bar, accolti con grande entusiasmo e sorrisi sdentati dei contadini locali.

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ai piedi di un Ficus Religiosa sul cammino per il tempio di Changonarayan

Vi lascio immaginare le condizioni di igiene del posto, che sembrava tutto fuorche' un bar, ma, ovunque si andasse, l'accoglienza e la gentilezza delle persone ci facevano dimenticare le comodita', che noi qui diamo sempre per scontate. Il Bosco Sacro, l'ultima salita sotto la pioggia e finalmente l'arrivo al tempio di Changanarayan furono il coronamento della nostra faticosa giornata, prima del rientro a Bhaktapur con un loro bus locale.


Dopo il seminario sciamanico con Bhola, lasciammo Bhaktapur, gia' con grande nostalgia, perche' quel luogo mi era entrato nel cuore, per raggiungere Phokara e il suo lago, ai piedi dell'Annapurna, la cui cima principale un bel giorno oso' mostrarsi tra le fitte nubi!


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l'Annapurna
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sul Lago di Phokara

I giorni trascorsi sul lago di Phokara furono utili per le meditazioni, per le passeggiate e per le gite in barca su quelle calme acque, che fungevano da specchio alle alte cime himalayane.

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Ponte tibetano sospeso sul fiume Trisuli

Ma anche per visitare il campo profughi tibetano con il suo tempio buddista, dove ci aspettava uno degli sciamani, Migma, un tibetano appunto, scappato dal suo Paese dopo l'occupazione cinese. Ci accolse con il suo copricapo a ventaglio e il suo costume regionale, con tamburi e sonagli. Un interprete traduceva dal tibetano al nepalese e Bhola dal nepalese all'italiano. Fece una pratica di guarigione a noi tutti singolarmente, usando le sue tecniche tradizionali. Non ci fu permesso scattare foto, ma lo vedete qui sotto a sinistra, come compare nella homepage del sito di Bhola e Mimi'. Io rimasi molto piu' impressionata da questo sciamano che dal precedente visitato nei dintorni di Bhaktapur, il quale invece mi sembro' molto piu' moderno, molto piu' simile per certi versi ad un life coach occidentale - quasi misto illusionista... Dal tibetano registrammo tutti un evidente beneficio e un coinvolgimento emozionale notevole: i ritmi ancestrali dei suoi strumenti e il suo canto, in una sorta di trance, furono frequenze di guarigione molto potenti. (continua dopo le foto)


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Migma, lo sciamano tibetano
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monastero buddista con la catena dell'Annapurna
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ruota di preghiera nel monastero tibetano
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Budda all'interno del tempio

Lasciata Phokara ci dirigemmo verso la capitale, Katmandu, dove rimanemmo diversi giorni per visitare non solo la citta', gia' molto ricca di templi, spesso abitati dalle scimmie, e quartieri tipici, ma anche i dintorni suggestivi. Cosa dire di Katmandu? E' un insieme di roboanti motorini, di riscio', di mucche vaganti, di fili elettrici aggrovigliati sospesi sopra le nostre teste con gli sguardi all'insu', colti da mille particolari cosi' lontani dalle nostre consuetudini occidentali.

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Katmandu

E poi i profumi delle spezie, misti all'odore di nafta e di polvere, gli incensi bruciati ovunque lungo le strade e le candele di burro intorno al piu' piccolo tempietto che rilasciano quel profumo dolce e grasso....

Passeggiare per Katmandu e' uno spettacolo continuo, anche solo guardando le persone: i trasportatori di qualsiasi merce sono sommersi sotto i loro carichi fin oltre la testa; le donne vestite con i loro sari di colori sgargianti che vanno al tempio per portare l'offerta di fiori e riso agli dei, prima di fare la spesa, con la loro benedizione di polvere rossa sulla fronte, il "bindi"; i contadini che portano i loro prodotti in citta' stendono le loro merci sui marciapiedi, o si muovono con i carretti carichi delle loro proposte da vendere. Il tutto e' un turbinio di colori, di

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movimento, di chiacchiere, ma tutto senza alcuna fretta...


I tre luoghi nella vallata di Katmandu che mi sono rimasti nel cuore, e che ricordo non solo per le immagini, ma anche per le sensazioni che mi hanno accompagnato, sono 3 templi: due buddisti e uno induista.


Ecco Boudanath, che ha lo stupa piu' grande di tutto il Nepal, costruito nel quattordicesimo secolo, oggi patrimonio dell'umanita' UNESCO. Questo stupa e' contornato da una meravigliosa serie di casette colorate e ordinate che lo incorniciano tutto intorno creando una piazza: e' un quartiere dove vivono tanti tibetani; le donne tibetane sono riconoscibili dal loro abito tradizionale, coloratissimo, composto da un lungo grembiule ricamato e spesso portano i capelli intrecciati. (continua dopo le foto)


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Boudanath, con lo stupa piu' grande del Nepal
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Parte della piazza di Boudanath

I fedeli compiono 108 giri in senso orario pregando intorno al tempio, tanti quanti sono i grani del "mala", il loro rosario, giri che vengono intervallati da inchini e gestualita' simboliche del loro credo.

Di questo luogo ricordo l'incrollabile fede dimostrata da coloro che pregavano intorno allo stupa, mentre una pioggia battente li bagnava senza sosta, ricordo gli occhi dipinti del Budda che sembravano seguirti e che contemporaneamente guardavano nelle 4 direzioni, sormontati dalla corona dorata che puntava dritta al cielo. In questo Paese senti davvero che cosa e' la pace, ti facilita lo sguardo interiore, non ci sono distrazioni futili, ti senti immersa in un'aria che sa di spiritualita' ovunque ti giri, perche' per loro tutto e' degno di gratitudine verso il divino e tutto e' manifestazione del divino, ed e' impossibile non esserne coinvolti.


L'altro tempio buddista che abbiamo visitato e' Swayanbunath (foto in copertina), che in realta' e' un insieme di diversi templi, e' collocato su una collina, da cui si vede tutta Katmandu, che si sale percorrendo una scala di 365 gradini in mezzo ad un lussureggiante giardino, frequentato da macachi, che abitano la maggior parte degli spazi aperti fra i luoghi di preghiera. Le scimmie sono abituate alla presenza umana e il loro occhi curiosi ti scrutano continuamente e studiano ogni movimento per carpirti eventualmente cibo o oggetti. Qui, con un permesso speciale, assistemmo ad una funzione religiosa cantata e suonata con i loro strumenti quali tamburi, lunghe trombe e campane, durante la quale ci fu proibito scattare foto e video. (continua dopo le foto)


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l'insieme dei templi di Swayanbunath
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macaco tra gli dei
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i mulini di preghiera come souvenir

Nella valle di Katmandu visitammo il terzo sciamano, questa volta una donna, anziana, senza denti, non ricordo di che etnia fosse, che viveva in una casetta molto povera, quasi una baracca. Era scalza, ma molto ordinata e i suoi occhi erano luminosi e penetranti; ci accolse in modo familiare, parlando uno stentato inglese. A turno ci tratto' tutti. Su di me cosparse polvere colorata, recitando preghiere nella sua lingua, parlammo, un po' in inglese e un po' a gesti, di cosa mi angustiava e fece una cerimonia con benedizione finale. Conservo ancora la cenere benedetta che mi regalo'. Un'esperienza particolare, ancora diversa dallo sciamano tibetano; lei la sentii molto vicina, forse perche' era una donna, o forse perche' avevamo toccato corde particolari, nonostante la lingua non fosse troppo d'aiuto. Ma lei incontro' le nostre anime.

Ogni volta che uscivamo dallo spazio sacro di uno sciamano, o da un luogo particolarmente suggestivo, il nostro gruppo si ritirava in un profondo silenzio, e cosi' sul pullmino non volava una mosca...


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Salma avvolta nel telo arancione in attesa della pira sul fiume Bagmati, Pashupatinath

L'ultimo tempio, o come sempre un complesso di templi, fu Pashupatinath, tempio induista, altro sito UNESCO, luogo di pellegrinaggio: sorge sul fiume Bagmati, fiume sacro in quanto affluente del Gange, sul quale vengono eseguite le cremazioni, tra scimmie, vacche, cani e capre che girano indisturbati. Una volta che la pira si e' estinta, cio' che resta della salma (in genere l'osso frontale, essendo il piu' spesso del nostro corpo, insieme alla cenere) viene gettato nelle acque sacre del fiume che lo condurra' al Gange.

Sulle rive del Bagmati, le nostre guide ci invitarono a porgere un omaggio agli dei, raccogliendo fiori nei giardini del tempio e adagiandoli su grandi foglie, che, avviate nelle acque sacre come piccole barche, iniziavano il loro viaggio portando le nostre preghiere e la nostra gratitudine agli spiriti della Natura.

Lungo le strade del tempio incontrammo i lebbrosi: a qualcuno mancava un arto, altri avevano il viso sfigurato, altri ancora erano ciechi o bendati; qui infatti risiede uno degli ospedali di Madre Teresa, portato avanti dalle sue consorelle. Anche nell'occasione di questa visita scese il silenzio tra di noi, fatto di riflessioni, di confronti, di pensieri, ognuno raccolto in se' stesso.


L'ultima tappa, prima del rientro in Italia fu Patan, ennesimo sito UNESCO. Piccola cittadina, sempre di epoca medioevale, non si discosta in nulla dal punto di vista architettonico, almeno nelle piazze principali, rispetto ad altre citta' visitate: si ripetono sempre gli stessi elementi, dallo stile dei palazzi reali, alle statue del principe Malla, agli dei che proteggono i vari ingressi. Pero' e' particolarmente curata e ordinata, sembra un salotto: inebriarsi di bellezza per concludere un viaggio speciale!

Il giorno del nostro rientro in Italia, Bhola ci regalo' la "khata", la sciarpa tibetana della felicita', che ci mise al collo al momento dei saluti e io ricordo che questo gesto e il carico di emozioni vissute durante quelle due intense settimane mi fecero scoppiare in un pianto di gioia e nostalgia che non riuscivo a frenare, ovviamente presa in giro dall'amica storica con cui avevo viaggiato! E come sempre accade dopo certe esperienze, nessuno di noi era piu' la stessa persona di prima di partire... (continua dopo le foto)


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Patan

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Patan
la dea Ganga (il fiume Gange), a Patan

MA CHI SONO GLI SCIAMANI E COSA FANNO?

Lo sciamano e' colui che viaggia fra i mondi e le dimensioni, che collega terra e cielo, che raccoglie i messaggi del mondo spirituale e li porta tra i mortali. Ha il compito di curare, non solo attraverso i rituali tipici della propria etnia, ma di guarire utilizzando la conoscenza delle erbe, delle pietre, del cibo; ha la funzione di sacerdote, in quanto benedice in vece degli dei con i quali comunica; ha doti di veggente, e' un'anima saggia che dispensa consigli e che dona servizio alla propria comunita'...

https://bholabanstola.com/ (il sito e' in inglese ma basta cliccare su "traduci in italiano")

A chi volesse approfondire l'argomento sciamanesimo, consiglio i libri di Michael Harner, Sandra Ingermann, Mircea Iliade, Marco Massignan o anche Carlos Castaneda (questi sono i miei preferiti, ma gli autori sono numerosi).

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il nostro sciamano Bhola con un'allieva praticante

Il ritiro con Bhola fu un due giorni non stop, super concentrati, di meditazioni, tamburi, rituali, danze, mantra e cerchi di condivisione. Il viaggio sciamanico nel "Mondo Inferiore", accompagnati dal tamburo che scandiva sempre lo stesso ritmo con l'intento di diventare ipnotico, per portarci in uno stato alterato di coscienza e facilitarci l'incontro con il nostro Animale di Potere, fu per me la mia seconda esperienza.

Gia' anni prima, infatti, ebbi una manifestazione spontanea del mio Animale Guardiano, che si paleso' durante una seduta di shiatsu, sotto forma di visione/sogno, poco prima di un improvviso problema di salute che mi costrinse ad una corsa al pronto soccorso, dove sperimentai la paura della morte: poi tutto si concluse nel migliore dei modi, ma fu un incubo! Ebbene, Lei (la mia protettrice) era apparsa per dirmi che sarebbe stata sempre al mio fianco e ancora ora so della sua presenza. E' una creatura spirituale che mi accompagna dalla nascita (come l'Angelo Custode in veste Animale), a differenza di Animali che ci raggiungono per uno scopo e poi ci lasciano, facendo spazio ad altri che ci aiuteranno in diversi momenti della nostra vita. Questa esperienza accadutami spontaneamente, mi ha poi condotta a praticare le danze sciamaniche (Trance Dance) con Nirava durante un ritiro in Toscana (e queste furono escursioni in altri mondi, con visioni, esperienze di altre dimensioni e vite passate! - https://www.nirava.org/), assaggiando qualche pratica di viaggio sciamanico con i rituali Lakota.

Fu la mia scoperta del mondo sciamanico, cosi' che ne rimasi catturata per sempre!

A Bhaktapur con Bhola ognuno di noi incontro' il proprio Animale di Potere che porto' con se'

progetti, incoraggiamenti, iniezioni di fiducia.


Li', io incontrai una capra di montagna che mi salto' incontro durante il viaggio sciamanico e mi accese la lampadina dell'Ayurveda;

posso svelare la sua natura, perche' ora non e' piu' con me, mentre il mio Animale di Potere, la mia Guardiana, non la posso rivelare, ma posso solo dire che la mia gatta porta il suo stesso nome in suo onore.

Quando leggo i diari di queste esperienze, non posso che sentirmi grata all'Universo per essersi svelato anche solo in piccolissima parte, per avermi aperto una minuscola porta in questa realta' che la maggior parte delle persone ignorano, per avermi creata cosi' sensibile ai mondi sottili... spero solo di esserne degna.


Una buona estate, e un buon viaggio dentro e fuori di voi!

Luglio 2024


Elisabetta Kalika Sartori


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